Una sala d’aspetto di un ospedale, un genitore che cambia turno per accompagnare il figlio a una terapia, un professionista che interrompe il lavoro per cicli di cure: sono immagini comuni nella vita quotidiana di chi convive con una malattia grave o una disabilità. Dal 1° gennaio 2026 entreranno in vigore norme che cercano di rendere meno precario e più sostenibile quel bilancio tra cura e lavoro. Il disegno normativo punta a ridisegnare tutele e percorsi amministrativi per chi assiste o è assistito, con un’attenzione particolare alla semplificazione pratica degli adempimenti. Un cambiamento pensato per evitare che la malattia diventi automaticamente una condanna lavorativa, ma anche per ridurre i tempi e l’incertezza che si vivono nei servizi pubblici e privati.
Più diritti e meno burocrazia
La nuova normativa, nota come Legge 106/2025, amplia i benefici della storica Legge 104 introducendo misure operative a partire dal 1° gennaio 2026. Sul fronte delle assenze, viene riconosciuto un monte aggiuntivo di 10 ore retribuite all’anno, cumulabili con i tre giorni mensili già previsti: ore pensate per visite, esami e terapie sia per il lavoratore sia per figli minori con patologie croniche o oncologiche. L’obiettivo dichiarato è rendere più flessibile l’organizzazione del lavoro senza penalizzare lo stipendio.

Un elemento centrale è la digitalizzazione delle procedure: la domanda per questi permessi e per i congedi potrà essere presentata online e la certificazione medica sarà trasmessa automaticamente tramite il sistema della Tessera Sanitaria. Questo passaggio dovrebbe ridurre i tempi di attesa e il carico amministrativo per aziende e lavoratori. Un dettaglio che molti sottovalutano è che la sincronizzazione tra fasce orarie di cura e il sistema informatico locale richiederà un periodo di rodaggio nelle diverse regioni italiane.
Dal punto di vista pratico, le imprese saranno chiamate ad aggiornare i propri regolamenti interni e i sistemi di gestione delle presenze. I sindacati e gli uffici del personale lo raccontano come un cambiamento tecnico ma anche culturale: non si tratta solo di diritti aggiunti, ma di una diversa considerazione della fragilità all’interno del ciclo produttivo. In diverse aziende del Nord e del Centro c’è già un confronto su come monitorare l’uso delle ore e garantire la riservatezza delle informazioni sanitarie.
Protezione del lavoro e nuovi congedi
La legge introduce anche strumenti più ampi per tutelare il posto di lavoro. Chi deve sospendere l’attività per cure potrà accedere a un congedo straordinario non retribuito fino a due anni, fruibile anche in forma frazionata, mantenendo il rapporto di lavoro e la contribuzione previdenziale. Durante questi periodi non maturano elementi retributivi come TFR, ferie o la tredicesima, ma al rientro è prevista la priorità per il ricorso allo smart working, quando la mansione lo consente.
La norma rafforza le garanzie contro il licenziamento per superamento del periodo di comporto, imponendo una valutazione caso per caso prima di eventuali misure disciplinari o contrattuali. In sostanza, i periodi di malattia non possono più essere interpretati automaticamente come causa di cessazione del rapporto: si richiede una valutazione più umana e basata sulla reale capacità di reinserimento lavorativo. Un fenomeno che in molti notano solo nei grandi reparti aziendali è la difficoltà pratica di armonizzare assenze prolungate con le esigenze produttive; la legge prova a creare strumenti per gestire questo equilibrio.
La tutela si estende anche ai liberi professionisti e agli autonomi: per la prima volta viene riconosciuta la possibilità di sospendere l’attività fino a 300 giorni all’anno senza perdere rapporti di collaborazione consolidati. È una risposta alla realtà di molti professionisti che devono alternare fasi di cura e attività lavorativa. Sul piano sociale, il provvedimento segna un passo verso un ambiente di lavoro più inclusivo e meno punitivo; allo stesso tempo, impone alle imprese e alle istituzioni locali una capacità maggiore di adattamento organizzativo. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è come i servizi territoriali dovranno coordinarsi per rendere effettive queste tutele sul campo.
Chiusura: la nuova disciplina non annulla le difficoltà pratiche, ma cambia l’asse delle responsabilità: dal semplice sostegno economico alla gestione integrata della fragilità nei luoghi di lavoro, con riflessi concreti sulla vita quotidiana di migliaia di persone in Italia.
