Nuovo verdetto su IMU: esenzione totale per chi possiede edifici inagibili senza accatastamento

Nel tavolo dell’ufficio legale del curatore fallimentare arriva un plico: un avviso di recupero IMU per diverse aree industriali che, di fatto, non sono state mai utilizzabili negli ultimi anni. La notifica contiene cifre, calcoli e riferimenti catastali che però non corrispondono allo stato reale degli immobili. Chi segue il fascicolo sa che il problema non è solo contabile: è tecnico, urbanistico e amministrativo. Questo contrasto tra carta e realtà è al centro della sentenza della Corte di Cassazione che ha acceso un dibattito pratico sul confine tra imponibilità e stato dell’immobile.

Sentenza n. 27017/2025 è il riferimento centrale della vicenda: la Corte ha dato ragione al curatore fallimentare che contestava un accertamento del Comune relativo a imposte dovute su fabbricati industriali per l’anno 2014. L’ente locale aveva chiesto il recupero di oltre 34.000 euro, sostenendo la sussistenza del presupposto fiscale per l’IMU. Il curatore, invece, ha posto l’accento su due elementi: la mancata registrazione catastale e la condizione di inagibilità o inutilizzabilità degli edifici.

La Commissione tributaria regionale, in primo esito, aveva accolto le ragioni della curatela; il Comune ha tuttavia proseguito il contenzioso fino alla Cassazione. Per i giudici supremi la sola destinazione urbanistica del terreno o dell’immobile non è sufficiente a fondare il tributo: serve che l’oggetto dell’imposta sia effettivamente qualificabile come bene imponibile anche sotto il profilo catastale e funzionale. Un dettaglio che molti sottovalutano riguarda la differenza tra documenti urbanistici e iscrizione nel catasto, due registri che non sempre sono coerenti tra loro.

Nuovo verdetto su IMU: esenzione totale per chi possiede edifici inagibili senza accatastamento
Una vecchia baita in pietra con porte in legno, simbolo delle costruzioni tradizionali. Rappresenta una proprietà inagibile, al centro del dibattito IMU. – agevolazionibonus.it

Cosa ha stabilito la cassazione e perché conta

La decisione della Cassazione chiarisce che per l’IMU non è sufficiente una mera indicazione di uso o destinazione a livello urbanistico: occorre che l’immobile sia accatastato e che sia, in concreto, idoneo all’uso cui è destinato. La Corte ha sottolineato che l’assenza di una formalità catastale rilevante può incidere sul presupposto impositivo, soprattutto quando si somma alla condizione di inagibilità o all’esistenza di prescrizioni di demolizione.

Dal punto di vista pratico, questo orientamento rende centrale la verifica documentale: certificati di agibilità e abitabilità, visure catastali aggiornate, e provvedimenti edilizi sono ora elementi decisivi per resistere a un accertamento IMU. Nel giudizio in esame, la presenza di contrasti tra la situazione reale dei fabbricati e le voci del catasto ha pesato a favore del contribuente. Un fenomeno che in molti notano solo quando il contenzioso è ormai avviato: l’archivio digitale comunale spesso non riflette gli interventi concreti sull’immobile.

La sentenza apre la strada a possibilità difensive concrete: il contribuente o la curatela possono documentare l’inutilizzabilità dell’immobile, produrre verbali tecnici di accertamento e puntare sulla mancanza di accatastamento come profilo decisivo. Allo stesso tempo, i tribunali amministrativi e tributari potrebbero richiedere perizie tecniche per valutare l’effettiva idoneità all’uso. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è la differenza di prassi tra uffici tecnici comunali, alcuni più rigorosi, altri più flessibili.

Impatto operativo per curatori, professionisti e amministrazioni

Per i curatori fallimentari e i consulenti fiscali la sentenza rappresenta un segnale preciso: bisogna anticipare la controversia con controlli mirati. Prima di pagare o transigere è consigliabile accertare lo stato catastale, ottenere eventuali attestazioni di inagibilità o ordini di demolizione e valutare il ricorso all’interpello tributario nei casi di incertezza normativa. Gli atti amministrativi e le planimetrie comunali diventano prove chiave in giudizio.

Praticamente, i professionisti dovranno ampliare il dossier: visure storiche del catasto, fotografie, perizie tecniche e comunicazioni formali agli uffici comunali. In molte situazioni la contestazione d’imposta si basa su dati anagrafici dell’immobile errati o non aggiornati; correggere questi elementi può portare all’annullamento dell’accertamento. Un dettaglio che molti sottovalutano è la conservazione delle comunicazioni tra curatore e uffici tecnici: spesso sono proprio quelle lettere a fare la differenza.

Restano comunque questioni aperte: la prova dell’inagibilità, il periodo di efficacia degli atti comunali e i margini di azione quando l’immobile è solo teoricamente non utilizzabile. Allo stesso tempo, le amministrazioni territoriali potrebbero rivedere i propri criteri di accertamento per evitare contenziosi costosi. In alcune aree d’Italia gli uffici comunali hanno già avviato verifiche interne sui casi simili al fine di ridurre futuri ricorsi. Un ultimo elemento pratico: conservare la documentazione tecnica aggiornata evita contenziosi lunghi e spese giudiziarie, soprattutto quando l’accertamento riguarda annualità remote come il 2014.

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