Una famiglia che conta i conti alla fine del mese: la busta della spesa, le bollette da pagare e la delusione di chi attende una ricarica che non arriva. È lo scenario che emerge in molte città italiane, dove la Carta Dedicata a Te è stata confermata dalla legge di bilancio ma non è sempre stata ricaricata per chi la riceveva in precedenza. La misura, gestita tramite l’INPS e collegata ai dati dei Comuni, dovrebbe arrivare in modo automatico senza alcuna domanda. Eppure, nel corso dell’anno, la discrepanza tra chi percepisce la ricarica e chi resta escluso ha generato confusione e richieste di chiarimento.
Un dettaglio che molti sottovalutano è la logica della graduatoria nazionale: non è sufficiente avere l’ISEE sotto una soglia per essere certi del bonus. Questo spiega perché, nonostante situazioni reddituali stabili, alcune famiglie non vedono la somma accreditata sulla carta prepagata.
Indice
Come funziona la carta e perché arriva senza domanda
La Carta Dedicata a Te è pensata come un aiuto economico erogato su una carta prepagata simile a una Postepay. Non richiede domanda: l’INPS incrocia i dati anagrafici e reddituali con quelli dei Comuni e redige una graduatoria dei potenziali beneficiari. I Comuni, a loro volta, verificano le posizioni e autorizzano l’erogazione laddove ci siano risorse disponibili. Questo flusso informativo dovrebbe semplificare la distribuzione, ma nella pratica si interrompe in più punti.
I tecnici raccontano che il processo coinvolge banche dati diverse, tempi di aggiornamento non sempre sincronizzati e controlli su situazioni particolari, come la residenza effettiva dei componenti o variazioni recenti dell’ISEE. Di conseguenza, la ricarica può non arrivare perché il nucleo familiare non è stato incluso nella lista finale inviata al Comune, o perché la verifica comunale ha segnalato incongruenze formali. Un fenomeno che in molti notano soprattutto nelle grandi città dove i flussi amministrativi sono più complessi.
Un ulteriore aspetto pratico: l’erogazione resta subordinata a controlli anti-frode e a criteri di priorità fissati dalla normativa. Per questo motivo, l’assenza di una domanda non equivale a una garanzia di pagamento. Per chi si trova escluso, la prima cosa da verificare è la posizione anagrafica e la correttezza dell’ISEE trasmesso ai registri comunali.

Chi resta escluso e come vengono scelte le famiglie
La misura prevede condizioni specifiche: il beneficio è destinato alle famiglie con ISEE inferiore a 15.000 euro e con almeno tre componenti residenti stabilmente in Italia. Tuttavia, la normativa esplicita una serie di esclusioni che spesso non vengono percepite subito dai beneficiari. Sono infatti esclusi coloro che già percepiscono sussidi come l’Assegno di Inclusione (ex Reddito di Cittadinanza), il Supporto per la Formazione e il Lavoro, o ammortizzatori sociali quali Naspi e Dis-Coll. Anche chi ha la Carta Acquisti rientra tra gli esclusi.
Questo principio è pensato per concentrare l’aiuto su chi non riceve altre forme di sostegno pubbliche, ma nella pratica crea situazioni complesse: due famiglie con lo stesso ISEE possono trovarsi in posizioni diverse proprio a causa di una piccola erogazione locale o di un contributo regionale che esclude dalla platea nazionale. Un aspetto che sfugge a chi vive in piccoli centri, dove informazioni e aggiornamenti amministrativi possono tardare ad arrivare.
Altro elemento centrale è la disponibilità di risorse: i fondi stanziati per ciascun Comune non sono illimitati. Quando la dotazione non permette di coprire tutti i potenziali beneficiari, si applicano criteri di priorità che includono l’ISEE più basso, la presenza di figli minori (con particolare attenzione ai minori di 14 anni e ai bambini sotto i 3 anni) o la presenza di anziani oltre i 65 anni. Questi criteri trasformano la procedura in una selezione con punteggi, non in una semplice approvazione automatica.
Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio questo meccanismo di priorità: la decisione dipende non solo dalle regole ma anche dalla quantità di risorse assegnate al singolo comune, che può variare sensibilmente da un territorio all’altro.
Perché alcuni beneficiari della prima edizione non hanno ricevuto la ricarica
Capita spesso che chi aveva la carta e la ricarica nell’anno precedente non venga confermato nella tornata successiva. Le ragioni sono legate principalmente a tre fattori: aggiornamenti anagrafici o ISEE non pervenuti, inserimento nella graduatoria ma esclusione per esaurimento delle risorse comunali, e incompatibilità emerse in fase di controllo. In molti casi non si tratta di un errore burocratico casuale, ma del risultato del punteggio ottenuto nella selezione.
Per spiegare con un esempio: due famiglie con ISEE identico possono ricevere esiti diversi perché una può essere esclusa per aver ricevuto, anche marginalmente, un altro sussidio locale; l’altra può risultare prioritaria per presenza di minori molto piccoli. Chi amministra sul territorio sottolinea che i controlli servono anche a prevenire duplicazioni o abusi, ma per le famiglie interessate la differenza è concreta e pesa sul bilancio domestico.
Se ci si trova nella situazione descritta dalla lettrice che ha scritto alla redazione, il primo passo pratico è rivolgersi al proprio Comune per chiedere chiarimenti sulla posizione nella graduatoria e sulla documentazione trasferita all’INPS. In molti Comuni esistono canali dedicati per verifiche amministrative e, in alcuni casi, è possibile segnalare errori formali che impediscono l’erogazione. Un fenomeno che in questi mesi ha portato a numerosi contatti tra uffici comunali e cittadini.
Un consiglio concreto: conservare ricevute, documenti ISEE e comunicazioni ricevute in passato può accelerare la verifica. In ultima istanza, quando la mancata ricarica dipende dal punteggio in graduatoria, la conseguenza è la necessità di una revisione strutturale degli stanziamenti comunali, una questione che in molti territori sta già emergendo come prioritaria per i prossimi bilanci.
